Uno sguardo alla sveglia. Sono le 5.30 del mattino e non capisco se là fuori sia sereno o no. La sveglia suonerà tra un quarto d’ora ma ormai conviene alzarsi e sbrigare le ultime attività. Il sole ancora non si è svegliato, ma il cielo è inequivocabilmente sgombro di nubi: perfetto! Il tempo di fare una doccia, indossare gli abiti da combattimento, caricare il mulo che al posto delle quattro zampe ha quattro cilindri, e niente colazione: meglio farla tra amici al bar, prima di mettersi in viaggio, giusto per concedersi una coccola prima degli schiaffi che mi darà l’adrenalina strada facendo. E si parte.

Per le 7.00 tutti quelli che avevano appuntamento in gelateria sono già arrivati: incredibile, non capita quasi mai. Li saluto uno ad uno: Marco che sarà il nostro conducador, ovviamente a meno di cinquanta centimetri di distanza da Carmen; poi Roberto e Daniela in mano le brioche; Esterella, che scruta calma la sua SV; Francesco e Maura sono belli allegri, in forma; Massimo armeggia con la macchina fotografica installata sulla borsa da serbatoio; Saul arriva con la sua Monster fresca di tagliando. Alle 7.10 basta brioche, cappuccini, caffè e sigarette: casco allacciato, si parte per il confine.

Le sette moto accendono i motori a Somma Lombardo e dopo mezzora li spengono appena superata la dogana del Gaggiolo: lì troviamo gli altri amici che mancavano all’appello: ci sono Alessandro, Claudio e Luisa, Giuseppe e Renata, con un loro amico che incontriamo per la prima volta, Roberto. Il gruppo è completo, la voglia di mettersi in viaggio fa consumare più avidamente la sigaretta, e con uno strano mix di rilassatezza e stato pre-adrenalitico si lascia la dogana un po’ come i tori che lasciano l’encierro e si riversano per le strade di Pamplona.

L’autostrada svizzera ci porta da Mendrisio a Bellinzona passando sulle acque del lago di Lugano e per la gola di Giubiasco, dove il fresco del mattino muta per parecchi minuti in un freddo fastidioso. Abbandonata l’autostrada ci si immette sulla via panoramica che porta a Roveredo, Soazza e Pian San Giacomo, dove ci possiamo digerire i chilometri in rettilinei appena percorsi e liberare spazio per mangiarsi le curve larghe, veloci e divertenti che conducono al Passo San Bernardino. Qui, come per ogni successivo passo di montagna, ci si ferma per una sosta così che il gruppo si ricompatti dopo l’ovvia arrampicata fatta ad andature diverse. Il San Bernardino fa da aperitivo: la fame di guida inizia a farsi sentire anche perchè i piatti della giornata sono succulenti…

Rotta quindi verso Nufenen e Splugen da cui poi ci si inerpica su per il Passo dello Spluga, dove si lascia alle spalle la Svizzera e si ritorna all’aria azzurra dell’Italia. Qui ci fermiamo come da programma, e ci prendiamo il tempo per scattare le immancabili foto sotto l’occhio curioso dei finanzieri che presidiano il valico. Due o tre tornanti dopo aver ripigiato lo starter gli occhi vengono riempiti dalla bellezza del lago di Montespluga, che sfioriamo tenendo un ritmo molto blando, non tanto per la strada stretta che in parte lo sovrasta, ma per lasciarci ammaliare dal colore dell’acqua e dalla bellezza del paesaggio in cui il lago è incastonato, e che fa da geloso custode. Ma questo non sarà l’unico gioiello liquido protetto dai monti: tra Teggiate e Pianazzo incontriamo infatti il lago d’Isola, e dopo Campodolcino lo stupendo laghetto di Prestone. Da qui a Chiavenna sarà tutto un gioco cromatico tra il verde dei versanti montuosi ed il blu del torrente Liro.

A Chiavenna dopo una breve sosta abbandoniamo la direzione sud e ci dirigiamo verso nord-est lungo la strada che è facile immaginare essere simile ad un lungo e sinuoso serpente, se vista dall’alto. Raggiunta Castasegna diamo da bere ai nostri veloci dromedari: serve benzina perchè ora che siamo nuovamente in Svizzera ci attendeno il Passo Maloja, St.Moritz, e su su Zernez, punto in cui si entra nel Parco Nazionale Svizzero che non smette mai di stupire per la varietà della flora che lo popola: un vero gioiello naturalistico in cui la strada facile e mai noiosa permette di indugiare con lo sguardo ai lati della carreggiata, dove il fitto bosco gioco ad alternarsi con immensi campi ordinati e floridi. Ma prima di tanta vegetazione ci sono ancora due chicche paesaggistiche: tra il versante nord del Passo Maloja e la ricca St.Moritz incontriamo i laghi di Plaun da Lej e di Sivaplana, posti rispettivamente a 1.800 e 1.750 metri di altitudine, con le loro acque sbiancate che sono una meta obbligata per chi visita il Cantone dei Grigioni. Sarebbe bello potersi fermare e passeggiare per qualche minuto a fianco degli invasi, ma la strada è ancora lunga…

Giunti a metà percorso all’interno del Parco Svizzero parcheggiamo le moto sul ciglio della strada e ci inerpichiamo qualche metro all’interno del bosco, alla ricerca di un posto dove mettere mano alle bisacce. Il pranzo fugace tipico del pranzo al sacco ci concede il tempo per rinfrescare corpo e mente, scambiare qualche battuta, appisolarci cinque minuti in un vano tentativo di compensare la levataccia mattutina. Davanti a noi la strada: compagna per tutto il giorno, ancora per le ore che ci uniscono alla sera, costantemente solcata da roboanti bicilindrici americani, sibilanti quadricilindrici nipponici, e da frullanti due-cilindri italiani e bavaresi.

Nel rispetto totale della tabella di marcia ripartiamo sotto il sole che ormai gioca al rialzo con la temperatura del nostro caro pianeta: fluttuiamo dolcemente ma mai lentamente lungo il susseguirsi di curve che ci trasbordano fuori dal Parco Svizzero fino a Santa Maria Val Mustair. Qui altra sosta per l’ultimo pieno di benzina, e per prepararci a quello che ci aspetta dopo il Passo dell’Umbrail: lì rientreremo in Italia, lungo la linea che segna anche il confine tra Lombardia e Trentino Alto Adige, e inizieremo a risalire i primi chilometri che portano in cima all’Adamello; siamo al punto caldo del viaggio: qualche tornante di sterrato e poi via, sempre più in alto, fino a raggiungere i 2.758 metri del Passo dello Stelvio, il valico più alto d’Italia, il secondo d’Europa, dove il contrasto tra il panorama mozzafiato e l’intestino aggrovigliato di curve che si adagiano sui suoi versanti regala quella vertigine di adrenalina, ammirazione, venerazione, che attira ogni anno migliaia e migliaia di centauri. Il modo migliore per contemplare il creato? Semplice: papparsi un wurstel con crauti e pane nero in cima al cucuzzolo!

Dice il saggio: mai lamentarsi di quel che si ha e che si potrebbe perdere. E infatti…i continui lamenti sul fatto che anche a quell’altezza facesse così caldo hanno fatto il verso alla danza della pioggia, che in pochi minuti è giunta insieme alla classica nuvolona nera di fantozziana memoria: la ridiscesa dallo Stelvio all’Umbrail la facciamo in compagnia di un bel temporale di montagna, ma senza preoccuparci di indossare i capi antipioggia per due semplici motivi: primo, la pioggia battente riduce di qualche grado la temperatura donandoci un po’ di sollievo; secondo, poco dopo aver incrociato la strada che scende dall’Umbrail i panni sono già asciutti…

Il programma vuole che a questo punto ci si diriga a Sondalo, ma visto che siamo in anticipo sui tempi previsti, decidiamo di fare una sosta a Bormio, paese che ospita l’edizione 2010 del Motoraduno Internazionale dello Stelvio. Noi quest’anno non partecipiamo all’evento, ma l’entrata in paese richiama alla mente l’esperienza di chi ha vissuto questo motoraduno storico: le strade sono intasate di moto; immaginando di vedere la scena dall’alto la metafora che viene in mente è quella delle api che si muovono in caos coordinato sul loro alveare.

Sono da poco passate le 17: siamo in strada da 10 ore, stiamo per concludere il primo giorno di viaggio, e si decide per brindare con una birra in compagnia nel solito baretto di Sondalo. Qui sostiamo per un’oretta, e poi risaliamo un paio di tornanti per giungere all’Hotel Torre, sempre a Sondalo. Sbrigate le formalità in reception occupiamo le nostre stanze: l’idea è quella di una meritata doccia, un aperitivo, la cena, e la possibilità di fare un salto al raduno per i meno esauriti. Ma già in fase uno risulta chiaro che nessuno tornerà a Bormio: un vento molto forte anticipa un intenso temporale che durerà più o meno fino alle 22 della sera. Nessun problema: a parte la stanchezza fisica che alla fine ha ricoperto le spalle di tutti noi, la serata è davvero divertente: sarà perchè la mente è ormai offuscata, sarà per l’aria leggera di montagna, vuoi per il vinello, ma mangiare diventa difficile quando sei continuamente contratto sulla pancia per le grasse risate che si alzano dalla tavolata all’aperto e ti perdi tra battute, show personali, canti, e amarcord. Prima di mezzanotte siamo tutti a letto: si cade subito in un sonno profondo e ristoratore, qualcuno dopo aver riso per l’ultima volta nel ricordare le cavolate dette a cena.

Il mattino arriva in un baleno. Il sole ha corso più del solito per fare il giro del mondo ed è già alto, sorridente e pronto a tenerci compagnia. O forse non si tratta di un sorriso di complicità ma di un ghigno che promette una feroce canicola… Portiamo le nostre facce ancora addormentate nella sala della colazione e facciamo un po’ di ginnastica facciale masticando brioche e fette biscottate. Si caricano i muli e alle 9.30 precise precise siamo tutti pronti per la seconda parte del viaggio. Ora è sicuro: era proprio un ghigno quello del sole, fa già un caldo irragionevole! Ci trasferiamo al baretto di Sondalo per un caffè post-colazione e poi si parte per davvero, anche se ora sono già le 10.30.

Il programma vuole che si ritorni a Bormio per attraversare poi l’insediamento di sud-ovest del Parco Nazionale dello Stelvio fino a raggiungere il Passo Gavia. Purtroppo a Santa Caterina Valfurva il gruppo si spezza in due parti, un po’ per il traffico, in parte per le strozzature della statale che attraversa il paese, oltre che per la diversa andatura. A questo punto la salita al Gavia viene fatta da ognuno col proprio passo, e nel giro di mezzora ci ritroviamo quasi tutti a cinquecento metri dal passo, ad ammirare esterrefatti la bellezza del paesaggio alpino in cui non manca davvero nulla: una piccola ragnatela di torrenti, le rocce erose che si ergono dal verde minimalista della spianata, la vallata visibile dall’altura poco oltre la strada. Mentre scendiamo verso i torrenti ci raggiunge Roberto per dirci che i più veloci nella risalita sono radunati poco più avanti, ai 2.621 metri esatti del passo. Ci spostiamo quindi più avanti e, dopo aver chiarito i motivi della scissione, ci concediamo il tempo per scattare le foto di rito.

Quando arriviamo a Ponte di Legno è ora di pranzo, e Alessandro ci guida verso un pub all’interno della città. Parcheggiate le moto sotto al sole impietoso ci rifugiamo nel locale dove troviamo un po’ di ristoro. Il titolare è anche l’unico in servizio e noi siamo in troppi per una sola persona. Ma niente paura: la nostra Luisa si propone come aiutante volontaria e in poco tempo le bibite fredde ed i caldi panini sono serviti. Mentre Massimo ed Esterella escono per scattare un po’ di foto nei dintorni, noi altri ci rilassiamo vedendo i primi giri della gara di MotoGP di Catalunya, circuito che qualche decina di minuti prima ha fatto rabbrividire tutti per via delle scene dello spaventoso incidente di Carmelo Morales, avvenuto nella gara di Moto 2, fortunatamente senza gravi conseguenze.

Mal volentieri indossiamo giacca, casco e guanti per affrontare l’ultima parte dell’avventura. Siamo un po’ in ritardo rispetto ai piani, per cui decidiamo di non salire al Passo del Vivione e dopo Edolo inforchiamo le statali che puntano verso Breno ed il Lago di Endine. Qui il traffico è davvero intenso e inevitabilmente il gruppo si rompe. Da qui a Seriate, dove si entrerà in autostrada per l’ultimissima parte del viaggio, si lotta con il caldo e con le strade intasate da chi cerca un po’ di refrigerio. Come se anche noi non ne avessimo bisogno…

Finiscono così due giorni passati in sella alla propria moto, surriscaldata e sporca di terra e di insetti esplosi sul cupolino, con la sella che ormai è il calco dei glutei e con i pistoni che boccheggiano. Una bella avventura, con tanti ricordi da portarsi dentro, vissuta nel teatro della natura dove tutti gli attori protagonisti hanno dato il loro meglio: l’aria che ha soffiato forte la sera, la terra che ci ha portati in alto per poi ricadere verso la valle, l’acqua che era presente in ogni scorcio, ed il fuoco che ci ha schiaffeggiati snocciolando gradi su gradi.

 

Qui le immagini del weekend.