A gennaio qualcuno disse che "l'Epifania tutte le feste se le porta via". Si sbagliava: di occasioni per festeggiare ce ne sono state da allora, e l'ultima in ordine cronologico è stata la grigliata di Pasquetta. Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi. E Pasquetta col Moto Club Golasecca...

Quest'anno l'organizzazione del tradizionale pranzo è stata un po' sofferta: la voglia di assaporare la gustosa carne grigliata all'aperto dopo un bel giro tra valli e montagne ha dovuto fare i conti con questa perfida primavera e con la sua pioggia che non sembra voler dare tregua. Sono state valutate diverse soluzioni: giro nell'Ossolano e pranzo a Trontano, giro nell'Ossolano e pranzo a Sesto Calende, giretto più breve nel Verbano e grigliata a Golasecca e altre variazioni sul tema. Le tante idee si sono però spente una dopo l'altra come una fila di lampadine, perché il tempo pessimo, invernale, previsto per il lunedì dell'Angelo escludeva ogni possibilità di sedersi ad una tavolata apparecchiata in un parco.

Grazie alla disponibilità del nostro vicepresidente, che ha gentilmente messo a disposizione il capannone della sua azienda, le nuvole del dubbio si sono dipanate e la festa ha trovato il suo posto in quel di Paruzzaro, a una manciata di chilometri dalla sponda piemontese del Lago Maggiore. Le nuvole in cielo, invece, sono rimaste ferme al loro posto.

Una grigliata tra amici è sempre un evento gioviale: sarà per via dei fumi aromatici che risalgono dalle braci, o forse per il calore del fuoco, magari perché ci si concede un bicchiere di vino in più. Organizzare una grigliata per quarantaquattro persone, però, è anche impegnativo: occorre appunto individuare il luogo, acquistare le quantità giuste di cibo e vivande, e preparare a casa quelle pietanze che non possono essere cucinate al momento perché occorrerebbe troppo tempo, ad esempio otto chilogrammi di polenta. Bisogna poi recuperare tavoli e panche, trasportarli sul posto assieme a tutto il materiale come piatti, tovaglie, bicchieri, contenitori, griglie, bombole del gas, e a tante bevande quante ne servono per dissetare oltre quaranta persone. E dopo la festa si deve fare tutto questo in ordine inverso oltre che ripulire gli spazi che ci hanno ospitato, siano essi un capannone industriale o, a maggior ragione, un luogo immerso nella natura.

L’impegno è dunque tanto: diverse persone spendono le proprie energie per la logistica, per il servizio e per cucinare, cosa quest’ultima assai importante e che, diciamocelo, le nostre cuoche ed i nostri cuochi sanno fare molto bene. Ma per fortuna l’equazione è “tanto impegno uguale tanto divertimento”. Infatti la festa ha avuto un ottimo esito sotto diversi aspetti: la partecipazione, come già detto, è stata molto alta; il cibo squisito e abbondante; i tempi del servizio ai tavoli sembravano regolati da un metronomo. Ma oltre a questo ci sono stati momenti di puro e genuino divertimento: il sottofondo musicale che ci ha tenuto compagnia per tutta la giornata ha spronato diverse coppie di amici ad alzarsi dalle panche e a lanciarsi nei balli quando la musica è passata dal rock al liscio. Valzer e mazurche romagnole hanno trasformato un capannone industriale in una balera dove danzavano provetti ballerini e traballanti danzatori. E dopo l’escursione nel mondo di Raoul Casadei e soci siamo saliti a bordo della macchina del tempo per riportare il calendario negli anni 70: la dance più classica ha scosso gli ultimi pigroni che si sono gettati nella mischia, trasformandosi tutti nella Donna Summer e nel Patrick Hernandez di turno. E dopo i balli l’appetito ha solleticato lo stomaco, ragion per cui un gruppo di volontari è andato alla ricerca di una pizzeria da asporto a caccia di pizze per evitare improbabili cali di zuccheri.

La perfezione non esiste, così si dice. E infatti la giornata sarebbe stata perfetta se non fosse mancata la galoppata in motocicletta. La bella festa ha comunque annacquato la nostalgia per le nostre due ruote, anestetizzando quella fitta che ti prende quando ti assale la voglia di metterti in sella e partire, anche senza sapere dove andare (immagine, questa, presa in prestito da Jack Kerouac).

Già, la perfezione. Quello stato in cui tutto è come dovrebbe essere, senza sbavature, talmente in equilibrio che non potrebbe mai degenerare in qualcosa di imperfetto. C’è chi la crede un’utopia, qualcosa di non raggiungibile. C’è chi la vede solo in ciò che non possiede o non vive. A volte però credi davvero di averla lì con te. Come quando sei su un furgone con altri amici e hai appena finito di scaricare panche, tavoli, scatoloni e attrezzature varie in un giorno di pioggia incessante, e tutto è così perfetto che da quel furgone non vorresti più scendere.

 

Qui le immagini della giornata