Sabato scorso passando per la zona boschiva tra Cerro Maggiore e Rescaldina ho notato che a terra giacevano molte foglie ingiallite. Mi è sorto così un dubbio: è il stato il sole bruciante dell’estate ad inaridire i campi e ad uccidere le foglie degli alberi, o è già autunno?
Sono bastati poi un paio di giorni per sciogliere l’enigma: piove insistentemente e la temperatura, il grigiore del cielo imbottito di nuvole, fanno già venire voglia di castagne. E’ autunno. E’ arrivato improvviso come l’ospite indesiderato che si presenta sull’uscio di casa senza preavviso, senza darci il tempo di prepararci ad accoglierlo, ma che ormai ci tocca ospitare.
E’ stato il contrasto tra due parole, due stagioni, estate ed autunno, a ridarmi il senso del tempo: sta correndo troppo velocemente, e da tanto in queste pagine non compaiono appunti che aiutino a riportare negli occhi le immagini del film di cui noi tutti siamo protagonisti, senza comparse, senza controfigure: noi e le nostre moto.
L’ultimo film della saga del MC Golasecca è stato girato tra Italia, Svizzera e Germania. Come per i più moderni film su dvd, questo ha più finali possibili, legati al proprio gusto. Qualcuno ha fatto scorrere i titoli di coda a Collenberg, nei pressi di Francoforte; c’è chi ha girato le scene conclusive seguendo altre strade teutoniche; altri hanno apposto la scritta "The End" tra Austria e Alto Adige.
Meta dello sbarco nei Land tedeschi è stato il motoraduno internazionale di Collenberg. Un nutrito gruppo di centauri si è ritrovato all’alba del sette di Agosto, anno di grazia 2009, e dopo pochi convenevoli la strada ha iniziato a muoversi sotto le ruote. Una sosta al confine italo-svizzero per raccogliere altri compagni di viaggio e poi via verso il San Gottardo. Qui la seconda sosta, non tanto per stanchezza o per necessità di rifornimento, ma per motivi ben diversi: il paesaggio ameno, e il freddo. Già perché partire ad Agosto con un abbigliamento tutto sommato consono alla stagione può creare brutte sorprese quando si inseguono i tornanti e si sale su, verso i passi alpini, con la strada e le case che diventano sempre più piccoli là sotto, e le nuvole che ti attendono impazienti più in alto…
L’attraversamento della Svizzera ci ha portati a Zurigo, dove per un paio di imprevisti abbiamo perso almeno un paio d’ore sulla tabella di marcia. Non credo ci si ricordi delle caratteristiche architettoniche della città: il traffico da metropoli all’ora di punta, la sequenza snervante e assurda di semafori, i cantieri aperti, sono motivi più che validi per desiderare di abbandonare il prima possibile quell’inferno creato dal progresso.
La Germania ti accoglie con le sue autostrade senza limiti, con i suoi autogrill rari ma organizzati in modo impeccabile, con il traffico ordinatamente incolonnato quando diventa pesante. E’ abitudine muoversi a zig-zag tra le auto incolonnate, altrimenti quali vantaggi si hanno nel muoversi su due ruote, a parte la bellezza ed il senso di libertà insito nell’andare in moto? Perché rimanere incolonnati quando il sole picchia dura, quando l’asfalto che cuoce ti risucchia lo stivale, e non respiri più ossigeno e azoto come un essere umano, ma particolato e monossido di carbonio come un essere alieno? Possibile che gli automobilisti tedeschi, seduti comodi e confortati dall’aria condizionata non capiscano tutto questo e imprechino quando li dribbli, con calma? Personalmente non conosco la lingua tedesca, ma posso immaginare la traduzione delle invettive che fuoriuscivano dai finestrini…
Attraversata mezza Germania, ecco l’alta Baviera, con la sua campagna sterminata che dilaga in ogni direzione, dove strade larghe in cui è concesso di viaggiare addirittura a 100 km/h tagliano la terra da parte a parte come vecchie ferite. Si viaggia sornioni, le colline sono docili, e l’aria ribolle di canicola e di insetti.
Quella terra di fa chiedere come sia possibile che un popolo di campagna abbia mai creduto di poter conquistare il mondo… Quella terra ti sorprende quando raggiungi le cittadine, ordinate, pulite, decorate da vernici e da fiori, in cui poche persone si muovono lungo i viottoli, dove credo tutti rispettino il codice stradale, ma anche il codice civile. Viste da dietro la visiera, sembrano luoghi finti, creati ad arte per i turisti, per gli italiani chiassosi e disordinati.
Attraversato il paesello rigorosamente rispettando il limite di velocità, si ritorna sulle strade extra-urbane che si snodano ora nella campagna piatta, ora tra colline dense di alberi, spesso parallele a un torrente, un fiume, che diventa un po’ come un nuovo compagno di viaggio per diversi chilometri.
In terra tedesca tanti sono stati i momenti di cui farne tesoro con un ipotetico fermo-immagine, alcuni per la spensieratezza con cui sono stati vissuti, altri per l’intensità emotiva e per la riflessione a cui qualcuno può essere stato indotto. Si può dire che ognuno di noi ha fatto cose diverse dagli altri, vuoi perché ci si è mossi in modo indipendente, visitando luoghi diversi o rimanendo tranquilli in prossimità dell’albergo, vuoi perché le aspettative investite nel viaggio erano le più diverse. Con tutta questa varietà di esperienze diventa difficile stendere un diario puntuale e dettagliato.
I momenti comuni sono stati girati sicuramente al raduno di Collenberg, dove abbiamo fatto la nostra prima cena tedesca, dove abbiamo brindato con le prime birre, ballato del sano rock’n’roll, tirando tardi nei pressi di un falò; poi la festa della birra, spettacolare, carica di folklore, di musica e colori, dove tavolate gremite di gente allegra brindava alzando pinte ricolme del prezioso liquido ambrato, sormontato da un soffice cappello di schiuma bianca; il luna-park dove abbiamo passato tanti minuti continuando a ridere come bambini mentre ci si tamponava sugli autoscontri, anzi divertendoci forse più dei bambini stessi (guardate le foto, parlano da sole…); la fiera, il mercatino, gli stand: una città nella città; il fiume e la sua riva su cui riposarsi per qualche minuto, giusto per togliere gli stivali che rischiano di diventare parte della gamba dopo una giornata che li indossi, o per lasciare che quella birra in più evapori lenta dalla pelle.
Un altro momento che ci ha visti tutti uniti è sicuramente lo spostamente dalla festa della birra verso il motoraduno, il sabato sera. Quella sera un nostro amico ha avuto una brutta esperienza, un incidente, che ha spaventato tutti.
Ma si parlava di un film, vero? E allora il film dell’estate deve avere un lieto fine, non può essere drammatico! Lasciamo la malinconia ai mesi invernali! La gita a Collenberg ha avuto il suo lieto fine tra risate e spaventi. Ringraziamo la buona sorte…
La mattina del lunedì successivo il gruppo si è salutato poiché, come detto inizialmente gli amici hanno preso strade diverse, ed è ripartito sotto una fitta pioggia.
L’acqua che lava via la tristezza della partenza, che ripulisce gli occhi dalle immagini drammatiche di qualche sera prima, che ti dà il tempo di pensare tra tè, sotto il fidato casco. L’acqua che ridà vigore alla terra e alle persone, che scorre sulla tuta antipioggia e ti rende diverso dalle persone sedute sul sedile di una macchina, preoccupate perché hanno dimenticato l’ombrello chissà dove.
Cesare, Giovanni, Aurelio, Massimo, Christian, Marco e Carmen, Giuseppe e Renata, Roberto e Daniela, Flavio, Esterella, Alessandro, Giulio, condividono con tutti i soci del MC Golasecca, grazie alle tante foto, i momenti trascorsi insieme in Germania e quelli delle giornate successive, vissuti in luoghi diversi, in cui ognuno si è seduto sulla propria sedia da regista per dare il suo particolare tocco al finale del film.
Qui le immagini del motoraduno.