Alzarsi all’alba, aprire la finestra e rimanere sorpresi..dall’alba che non c’è! Il sole è da qualche parte a giocare a nascondino con le nuvole, e l’aria fredda che ti investe ti sveglia definitivamente. E ti rendi conto che è domenica, che il giorno che aspettavi per rimettere mano alla manopola del gas è finalmente arrivato. Ma non te lo aspettavi grigio come il cielo che promette neve, nè freddo come un mattino di fine anno, soprattutto perchè e Marzo, e Marzo vuol dire primavera, gemme che segnano il posto in cui fioriranno i colori e i profumi, aria frizzante che subito si scalda ai raggi del sole, niente maglioni nè piumini goffi.
Con il cielo cupo negli occhi hai pochi attimi per decidere se tornare nel letto prima che si raffreddi, o buttarti in doccia e prepararti per una scampagnata tra i monti che hanno un piede in Svizzera ed uno nel Comasco. Scegliere tra il piagiama comodo, che ti coccola, e sottotuta, pantaloni imbottiti e giacca che pesa più di te, è davvero facile: molto meglio lo scafandro e qualche ora a respirare aria fredda, che respirare l’aria chiusa della stanza da letto!
E allora via, puntuali alle 9.00 alla gelateria: ogni volta è come la prima volta, con il rituale dei saluti, del caffè, della sigaretta per chi fuma, del Presidente che richiama all’ordine al grido di "due minuti!!!", dei guanti che devi togliere perchè non riesci a prendere le chiavi dalla tasca. Si gira la chiave, pigi lo starter, e finalmente il cuore riparte dopo il letargo dell’inverno.
Qualcuno ha rinunciato alla gita: il gruppo non è numeroso ma comunque raggiunge le quattordici persone. Appena partiti da Somma Lombardo qualche timido fiocco di neve si poggia sulla visiera, ma ben presto ce lo lasciamo alle spalle, lui e questo inverno senza fine! Una trasferta veloce fino a Lozza dove aspettano altri amici, e già c’è chi dimena le mani assiderate da quei due gradi centigradi che sembrano dieci sottozero! Che invidia quelle manopole riscaldate…quei paramani…
Dalla provincia di Varese a quella di Como, e poi facciamo capolino in Svizzera passando per dogane che sembrano fortini anacronistici nell’Europa del 2010. Il tempo di capire se la svolta giusta è a destra o a sinistra, e si torna in Patria con l’occhio che vede il Lago di Como laggiù, sotto le tonnellate di terra e roccia dei monti, unito a noi da qualche chilometro di asfalto. Sull’acqua blu qualche riflesso di un timido sole che finalmente si è svegliato: noi lo abbiamo preceduto di un paio d’ore!
Ad Argegno spegnamo i motori e dopo aver salutato Marina, la "padrona di casa", ci si fionda in un caldo baretto a buttar giù caffè, o tè per i più infreddoliti. Ma la sosta è piuttosto breve: qualche foto, la canonica sigaretta, e poi il richiamo della foresta fatta di alberi a camme e contralberi di bilanciamento prende il sopravvento. E allora giù ancora la prima e mano al gas: iniziano le curve che porteranno alla Valle d’Intelvi…e al ristorantino dove tra un numero imprecisato di antipasti, la polenta, il brasato, il cinghiale, il cervo, il formaggio, i dolci, il caffè ed il cicchetto, qualcuno accenna a un attimo di abbiocco…o non sarò magari colpa del calore del camino lì a fianco? Nel frattempo qualcuno si scatena con foto dai soggetti più improbabili: occhi azzurri dentro un bicchiere d’acqua, gambe sotto ai tavoli, tovaglia in prospettiva…
Si riparte poi risalendo la breve ma ripida stradina che abbiamo disceso per raggiungere il ristorante, e puntiamo i cupolini e gli anabbaglianti verso la "terrazza d’Italia", a Lanzo d’Intelvi, da cui è possibile ammirare un panorama mozzafiato che regala agli occhi il laghi di Como e di Lugano, sulle cui sponde si ammassano i paesi come solo accade dalle viste aeree; sopra di loro la natura ricopre i fianchi delle montagne fino al limite della neve; questo è il premio per chi supera la barriera di neve e ghiaccio che separa il parcheggio dalla ringhiera della terrazza panoramica, e per chi si è arrampicato con la moto a mo’ di stambecco per una strada per cui si dovrà coniare un nuovo vocabolo: un qualcosa fatto di asfalto mummificato, rotto come un vetro in frantumi dal gelo, cosparso di brecciolino come se fosse lo zucchero a velo sulla torta, in cui puoi divertirti a unire le mille buche con un pennarello per vedere che disegno salta fuori, è tutto fuorchè una strada!
Fa freddo, per cui dopo la foto di rito si torna in sella e giù per il colabrodo che prima ci aveva portati lassù. L’ennesima dogana fantasma dà un senso di dejà vù: siamo di nuovo in Svizzera, dove il limite di velocità è un lussoso 60 Km/h, e dove per fare il pieno non devi staccare una cambiale…
Si arriva quindi al Gaggiolo, ormai sono le cinque del pomeriggio e, a proposito di dejà vù, ritroviamo il timido nevischio portato dai venti del Grande Nord. Varese è un po’ il luogo del saluto: da qui in avanti le moto prendono strade diverse portandosi dietro i loro bikers.
Alla fine la scelta è stata quella giusta: il pigiama sarà anche stato caldo, ma meno emozionante, meno divertente, meno "vivo" di una giornata così fredda! Ancora pochi chilometri e poi la moto riposerà nel box, dopo una bella pacca sulla sella. Resta ancora una cosa da fare: mettersi al computer e iniziare a scrivere, perchè certi momenti devono essere raccontati subito: sia per fissare il ricordo nei compagni d’avventura, che per solleticare la fantasia di chi non si è fatto gelare i polpastrelli con noi.