Quando il pomeriggio lascia il posto alla sera, le moto sono disciplinatamente schierate nel parcheggio antistante il Birrificio Italiano di Lurago Marinone, nel Comasco. Sedici cavalli di ferro sbuffano dalle marmitte roventi, un po’ affaticati per la cavalcata fatta sotto ad un sole estivo. Ventuno persone si dirigono verso i tavoli posti sotto al patio della birreria, pronte a godersi un’oretta di relax e di frescura, grazie all’ombra ed alla preziosa birra.
I motociclisti che ora chiacchierano in scioltezza sono una parte del gruppo di trenta persone che domenica 10 aprile hanno partecipato alla gita a Premana, borgo situato a 1.000 metri di altitudine tra la Val Varrone e la Val Sassina, dove la provincia di Lecco cede il posto verso nord a quella di Sondrio e alla rinomata Valtellina.
Un primo nutrito insieme di biker è partito subito dopo le 8.00 del mattino dalla griglia di partenza idealmente disegnata nel parcheggio della gelateria Peccati di Gola, a Somma Lombardo. L’aria fresca dell’alba avrebbe ben presto raggiunto temperature decisamente estive nel volgere di poche ore: il cielo uniformemente blu ed il sole già infuocato a Est promettevano ore di piacevole calore e, soprattutto, ore asciutte, senza il benché minimo accenno alle secchiate di acqua che ci hanno fatto compagnia praticamente ad ogni uscita dell’inverno appena concluso.
Lungo i primi chilometri che congiungono Somma Lombardo a Gallarate, Besnate, Jerago ed Albizzate, risulta già chiaro che si tratta di una gita importante in termini numerici: le moto sono come le carrozze di un lungo treno che corre sull’asfalto, con un sidecar per locomotiva, quello del nostro Presidente. I passeggeri nelle carrozze possono ammirare gli esseri metà uomo e metà motocicletta che li precedono mentre pennellano le curve che si insinuano tra le zone boschive della nostra provincia. Ad Albizzate il trenino, come una potente calamita, attira a sé altre moto che si accodano sia prima dell’ingresso in autostrada che all’autogrill Villoresi Est. Con quattro moto in più raggiungiamo la ragguardevole cifra di venti elementi, ma ancora il serpente non ha raggiunto la sua massima estensione: gli ultimi amici si aggregheranno a Lozza e a Como, e intanto la mente, nel veder muovere la lunga scia, vola già ai motoraduni da centinaia di centauri che arriveranno con l’estate. Nel frattempo il gruppone galoppa senza indugi verso Vedano Olona e San Salvatore, da cui grazie alla SS342 si raggiungono Binago, Olgiate Comasco, Lurate Caccivio, Villaguardia, e infine Como. Agganciata l’ultima moto facciamo rotta verso Lipomo, dove imbocchiamo la SS639 che conduce a Erba e, sfiorando i laghi di Pusiano e di Annone, porta fino a Lecco. A questo punto la SS36 risale la sponda orientale del lago di Como, e con i suoi giochi di vedo-non-vedo originati dall’incedere delle gallerie crea l’aspettativa di trovarsi di fronte, prima o poi, il mare, esattamente come accade quando si percorre l’autostrada ligure. Alla nostra sinistra sfugge velocemente il lago, e con lui anche Mandello del Lario, paese che ha un significato particolare per i motociclisti italiani e non solo, essendo la sede della Moto Guzzi. Gli ultimi chilometri della statale iniziano ad annoiare un po’, ma per fortuna sopra le nostre teste spunta il cartello che annuncia l’uscita per Bellano. Ora basta rettilinei perché entriamo sulla SP62 che con il susseguirsi di curve e tornanti ci condurrà alla Val Varrone e quindi alla nostra meta, Premana. Superata la cittadina di Taceno la strada, già molto stretta, si aggroviglia come un intestino in preda ai crampi e in località Rovè (dove si incrocia il fiume Varrone, a cui si deve il nome della valle) guidiamo le moto muovendosi come su di un campo minato: il fondo è praticamente ricoperto da terra e pietrisco, per cui la prudenza è più che mai necessaria. Ancor più se ci si trova ad incrociare auto o jeep che scendono veloci a valle, senza curarsi della presenza di altri viaggiatori.
Alla fine Premana ci accoglie poco dopo le 10.00 con il suo sole e con la vista panoramica sulla valle che domina, appollaiata sulle Alpi Orobiche. Parcheggiate le moto nelle vicinanze del Museo Etnografico, entriamo nel centro espositivo dove sono raccolti oggetti, attrezzi, immagini e documenti che raccontano la vita degli abitanti di Premana, fatta di agricoltura, pastorizia e lavorazione del ferro, della sua valle e dei suoi alpeggi, attraversando gli ultimi decenni della sua storia che l’ha vista divenire il principale produttore nazionale di forbici ed articoli da taglio. La visita inizia con la proiezione di un filmato che elogia la volontà degli abitanti di non abbandonare il paese, come invece è avvenuto per tante altre realtà di montagna, per non dover rinunciare alla socialità ed alle amicizie di una vita, e come questa perseveranza abbia orientato i residenti a mantenere vive le tradizioni e la sapiente competenza nella produzione di attrezzi e nella lavorazione del ferro, così da conquistare il benessere e portare alla ribalta nazionale quello che, in fondo, è un piccolo paese lontano dai grandi centri industriali. Terminato il documentario, la visita prosegue lungo i due piani del museo dove ognuno si sofferma ad osservare, studiare o commentare ciò da cui è più attirato.
Dopo aver trascorso un paio d’ore respirando l’aria del passato ci concediamo un fugace caffè su di una assolata terrazza panoramica, attendendo che i trenta amici si radunino e recuperino i viveri portati da casa per il pranzo al sacco. Un trio di inossidabili buone forchette opta invece per un più tranquillo pranzo in trattoria. Tutti gli altri tornano verso il museo per affrontare qualche decina di scalini che portano sul terrapieno sovrastante l’edificio, dove tavoli e panchine di legno trovano posto a fianco dello scivolo e di altri giochi per bimbi. La vista che si gode da quel punto è molto gradevole, e per fortuna la brezza che risale dalla valle riesce ad alleviare gli effetti del sole bruciante che picchia sulle nostre teste: la vegetazione è subito dietro l’area pic-nic e non riesce ad adombrare i commensali. Qualcuno decide di arrampicarsi ancora un po’ e di pranzare sotto gli alberi, al fresco, anche se il prato ripido non è propriamente comodo.
Quando i viveri si esauriscono si liberano le mandibole dalla masticazione, ma le bocche ancora si muovono per le tante chiacchiere che col loro vociare danno un po’ di movimento all’aria altrimenti silenziosa. Raccolto tutto ciò che deve essere buttato torniamo verso il paese, accolti dalla doccia gentilmente offerta dal nostro Presidente che si diletta ad armeggiare con una canna da irrigazione, e ci regaliamo un freddo gelato nel tentativo di cercare un po’ di refrigerio. Nel frattempo il trio-trattoria si ricongiunge, e con loro iniziano a muoversi per le strade anche gli abitanti del posto. Rinfrescati e rilassati, siamo tutti pronti per indossare i caschi bollenti e per sederci sulle selle che in queste ore si sono scaldate come pietre ollari, e iniziare a discendere verso il fondovalle da cui poi usciremo per giungere in Valsassina.
Il paesaggio è decisamente diverso dal Val Varrone: là dove i crinali erano ripidi e così ravvicinati da strozzare la strada, ora sono invece più dolci e verdi, distanziati dalla campagna che costeggia la SP62, e al gusto di ondeggiare all’unisono con la moto si aggiunge quello di poter osservare con calma quel piccolo mondo. Ma non è tutto oro quel che luccica: il fatto che questo luogo sia meno selvaggio implica che sia altamente frequentato, e l’odore acre dell’aria impregnata di smog ne è la conferma. Optiamo per una sosta al parco pubblico. Alcuni di noi ne approfittano per smaltire il torpore digestivo, mentre altri pensano già alla cena e affollano la rivendita di salumi, formaggi e prelibatezze locali uscendone con il classico sacchetto di plastica colmo di invitanti effluvi.
Tutto questo accade quando ancora non sono le 15.00, e poiché il pomeriggio è ancora all’esordio decidiamo di proseguire verso Lurago Marinone per una sosta al birrificio dove ci premieremo con una gustosa birra appena spillata. Durante lo spostamento alcuni di noi ci salutano a Lecco e prendono la direttrice per Erba e Como: le sedici moto rimaste sfiorano Civate, Cassano Brianza, Arosio, Cermenate e Lomazzo e aggiungono una tappa imprevista alla gita: notiamo che, in uno spiazzo polveroso a lato della SS36, sono raggruppate diversi modelli di moto BMW, dietro cui c’è un grande stand ed alcuni gazebo; entriamo in massa nel piazzale sollevando un polverone da 10° cavalleria alla riscossa e trascorriamo mezzoretta ad ammirare non tanto la bellezza delle bicilindriche bavaresi, quanto la bellezza delle ragazze che ci invitano a provarle. La voglia di provare le moto non sopraggiunge. A provare il resto qualcuno ci ha fatto anche un pensierino…
Eccoci ora a Lurago Marinone, con le nostre due-ruote schierate, a godere della compagnia e a brindare agli amici, senza che le bocche tacciano: se qualcuno appuntasse, gita dopo gita, tutto ciò che viene detto e raccontato si potrebbero scrivere diversi volumi sul motociclista-pensiero.
Le 18.00 sono già passate da un po’, e facciamo ritorno alla nostra provincia dopo Mozzate, quindi Gorla Maggiore, Cassano Magnago e Gallarate. Sebbene manchino ormai pochissimi chilometri a casa, l’uscita ancora non è finita: alcuni amici decidono che la giornata è stata troppo bella per dichiararla conclusa, e decidono di chiuderla nel migliore dei modi. Tutti al ristorante Crugnolino per il rito della pizza con cui, fosse vero, tentiamo di esorcizzare il lunedì in arrivo col suo carico di quotidianità, dilatando la domenica finché migliaia di stelle hanno ormai preso il posto dell’unico sole.